
Avete presente il momento in cui vi accendono il microfono? La prima domanda all’esame? Indossare in campo la fascia da capitano della tua squadra? Si tratta di quella bella responsabilità che spesso la vita offre. Un giorno di marzo, la mia Regione mi chiama e mi dice “Te la senti di parlare al mondo della tua terra?” e io “Accidenti, certo che sì!”, e Lei “Devi usare le immagini come sai fare, e che siano evocative e dense e il tuo approccio quanto più emozionato”, e io, emozionata già da un po’, dico che cercherò di non deludere, che è un onore, che “Quando si comincia?”.
“La prospettiva di vita è l’ispirazione da cui costruire le vostre storie marchigiane” dichiara Aldo Bonomi, sociologo oltremodo autorevole, risoluto e intraprendente, già voce maestra all’ultima Esposizione Universale di Shangai, colui che ha tessuto la trama dell’intero progetto regionale per l’Expo di Milano. Accanto a lui uno scenografo che ho sempre stimato, il più gettonato dalle migliori produzioni cinematografiche italiane, marchigiano, già nominato capo dei lavori a Shangai, Giancarlo Basili (Palombella Rossa di Nanni Moretti; Il Portaborse di Daniele Luchetti, Sud di Gabriele Salvatores, Così ridevano di Gianni Amelio, Romanzo di una strage di Marco Tullio Giordana tra tanti prestigiosi interventi).
Mi assegnano tre temi da tradurre in immagini. I titoli: “Il senso storico di una prospettiva estetica che rappresenta la prospettiva di vita”, “Lo sviluppo senza fratture di Giorgio Fuà”, “Un insieme di smart land senza smart city e città regione”. Per l’occasione mi bardo e mi agghindo di una troupe all stars, gente che sui set da combattimento ci sa stare con grinta: Andrea Antolini, Jonathan Soverchia, Alessandro Tesei, Diego Morresi, Alessandro Tarabelli. Insieme a loro e alla Luis Films costruiamo un piano di lavoro sopraffino e strategico per affrontare tre proposte piuttosto ambiziose, tre diversi tipi di video con tre appeal differenti per comunicare a una così vasta platea. Scene a metà tra realtà e visione in cui s’intrecciano storie di vita artigiana, di impegno, di famiglia. Nella scrittura, al termine dei due minuti di durata imposta dal disegno del “White Cube” firmato dall’architetta Cristiana Colli e Basili, facciamo in modo che una corposa visionarietà aderisca all’apparenza del vero con l’obiettivo di spiegarlo meglio. Sceneggiature: approvate. Affiatamento con il gruppo di lavoro: assicurato da un feeling spontaneo. Permessi: ottenuti. Ordine del giorno: distribuito.
Per parlare di prospettiva abbiamo scelto la figura di un artista che prendesse ispirazione dal concetto primigenio esposto per la prima volta nel Quattrocento di Piero della Francesca. Se la Città Ideale progettata dal pensiero rinascimentale non fosse altro che un insieme di profili reali? Se l’utopia non fosse che il risultato di una realtà frammentata? Dove potrebbe svelarsi il mistero di una verità superba e immodesta se non oltre la tela di un pittore? E il nostro artista, impersonato dal giovane Aristide Tesei, se ne va infatti a rompere l’incertezza penetrando il suo dubbio bianco. Quel che trova è una perfetta sovrapposizione delle sue speranze agli spazi architettonici già prodotti nelle Marche da genialità che si sono confrontate con una terra dall’indole quieta ma dalla parvenza indomabile. Le Marche sono mare e montagna e campagna e borgo. Una moltitudine di pluralità che ha reso pane per i denti dei più coraggiosi la scelta di uno stile architettonico che fosse rappresentativo. Sarà per effetto di tale sfida che si scoprono in questa terra meraviglie di ogni genere in un amalgama di caratteri stilistici appropriati al totale naturalistico. La nuova Città Ideale esposta agli occhi multicolori dell’Expo è quindi un insieme di frammenti, una dichiarazione secondo la quale la pluralità marchigiana assume un aspetto utopistico dal risultato di combinazioni eccellenti; la nostra, Piazza Federico II di Jesi con il tempio del Valadier di Genga e Piazza del Popolo di Ascoli Piceno, risulta uno splendido riflesso di una Città Ideale che ha dissolto l’utopia dentro un quadro e una veduta mai prima così reale. Il sindaco di Ascoli Piceno, l'avv. Guido Castelli, in visita all'inaugurazione milanese, ha condiviso con noi il suo orgoglio di essere stato eletto nell'olimpo delle realtà ideali.
Per trattare lo sviluppo senza fratture ci siamo affidati alle energie di un singolo che oltre la sua piccola realtà d’esercizio professionalizzante ha perseguito, come se non fosse un sogno ma un dovere morale, il progetto di un concetto industriale, di fabbrica, da accudire come un orto. Abbiamo scelto un calzolaio, un artigiano che le Marche hanno reso simbolo dopo anni di idee divenute cultura. Il nostro attore, Pino Gullace, volto ben noto ai circuiti teatrali regionali, ha condiviso le scene con le mani e la schiena di uno degli ultimi veri calzolai viventi, Ernesto Montalbini: lui una scarpa ve la sa fare a mano. La sua bottega è aperta ogni mattina fino alle 11.00 in via Roma a Jesi, da oltre 60 anni. Per raccontare l’adiacenza e la continuità dei campi d’impresa, pur restando dentro una forbice meno aperta di quanto descriveva Giorgio Fuà, abbiamo reso l’anziano calzolaio fautore onorario di un’industria di calzature di fama internazionale. Questo anche per rivelare che la nostra terra florida accoglie figure straordinarie e permette esperienze estreme in termini di imprenditorialità. Anche in questa storia si estende un pizzico di visionarietà che non vuole corrompere la prospettiva realistica per il futuro ma ammantarla di magia. La costruzione di alcune immagini ibride passa attraverso accostamenti geometrici e cinetici di tradizione e avanguardia. Tod’s ci ha offerto un viaggio lungo le corsie della sua prestigiosa produzione, e in ogni reparto, come in ogni prodotto, sono tangibili la passione e il legame con una cultura artigianale che mai abbandonerà l’anima aziendale. L’intrattenimento visivo è giocato sull’idea di una linea divisoria dello schermo a traduzione di una frattura fittizia, una separazione che nelle Marche non è mai esistita tra le realtà produttive, anche le più diverse, che si sono accostate, cercate, supportate per aumentare il proprio spazio vitale.
Le Marche sono tutto fuori che spazio per metropoli. Sia per una morfologia del territorio che per un’antica organizzazione sociale per cui forse la metropoli è sempre risultata superflua. L’insieme di smart land è autosufficiente e funziona e produce meglio di una smart city che importa prodotti e metodologie dal saper fare artigiano e contadino. Per comunicare all’Expo il diverso approccio alla vita e i criteri di produttività delle smart land che danno sostentamento al sistema logico della smart city, abbiamo costruito un cortometraggio raccontando la storia di una famiglia come addizione di competenze per un risultato espresso dalle passioni di un figlio. La pesca e la coltivazione della terra hanno leggi e saperi che sfociano nell’ambito culinario come assiomi per chi inizia e fonti di ispirazione per chi può già spingersi a sperimentare. Moreno Cedroni ci ha ospitati in casa sua, alla Madonnina del Pescatore a Marzocca, vestendo il ruolo del mentore, di guida spirituale, perché il buon cibo è alimento di corpo e anima. A muovere la narrazione dietro interpretazioni attoriali molto ben gestite siamo andati sul sicuro chiamando all’opera Renata Perlini, splendida attrice teatrale, e nuove leve sorprendenti come Attilio Repossini ed efficaci come Giosué Cibelli.
Un lavoro del genere, immane nella corsa a rientrare dentro le scadenze, è stato possibile grazie alla collaborazione con la Fondazione Marche Cinema Multimedia e Marche Film Commission, per un progetto corale che è stato indiscutibilmente una sorgente fresca, appagante, con effetti oltremodo rigeneranti, facendo leva su ciò che già sapevo: idee, risorse, professionisti e istituzioni sanno fare squadra ed è per questo che fare cinema nelle Marche è un puro godimento.