Consigli _per _acquisti

Prendo atto che molti detestano la pubblicità, molti la demonizzano, molti la evitano. Sono consapevole anche del fatto che la pubblicità pratica su alcuni un potere ipnotico che conduce a reazioni pavloviane.

Sapere chi tra la pubblicità e l’utente abbia per primo schiaffeggiato l’altro con il guanto della sfida non è più importante oramai perché i rapporti sono compromessi e la questione è diventata un affare di famiglia, ci sono di mezzo la dignità dei figli e l’onore dei padri. E ci sono di mezzo anche i soldi, cosa viscida. La pubblicità è troppo costosa, troppo ambigua, non funziona, non si sa. Non è una scienza, non risolve, non risana. Inquina. Interrompe. Mistifica. Chi in tv la annuncia se ne vergogna, si dispiace, si scusa. Tutta colpa degli inglesi e della rivoluzione industriale! È una malattia. Una dipendenza. Confonde la necessità con il superfluo. Desiderare è umano, comprare è diabolico. Riavvolgo il nastro: desiderare è umano.
Il desiderio. Dicesi desiderio: “uno stato di affezione dell'io consistente in un impulso volitivo diretto a un oggetto esterno di cui si desidera la contemplazione oppure, più facilmente, il possesso…”, wikipedia va oltre ma io vorrei che ci soffermassimo su quella bellissima parola che è “contemplazione”: uno stato emotivo, un battito del cuore.

Finora abbiamo parlato di chi la pubblicità la subisce e di chi si lascia cadere in tentazione. Ma non è l’unico lato della medaglia: capire quali meccanismi si sviluppano dietro il sipario della pubblicità, e più propriamente di una campagna pubblicitaria, potrebbe assegnarle una nuova etichetta, facendo decadere l’attribuzione demoniaca.

Scavalco la questione delle colpe di chi ha reso la pubblicità una tematica tanto contrastata. Allo stato dei fatti, la pubblicità come la vedo io e come la trattiamo noi di 99 Million Colors è esattamente un’occasione di contemplazione, che pare essere il punto in cui le parti incrociano lo sguardo. Il gioco tra gli interlocutori avviene sul campo delle sensazioni e delle sensibilità, un campo molto delicato e che merita attenzione. Negli anni trascorsi in questo settore, ho capito che c’è un unico spazio di pacifica costruzione del dialogo: il coinvolgimento emotivo. Unanimemente la nostra squadra si è messa al servizio di questo presupposto dichiarando intimamente un’autocertificazione di intenti e di caratteristiche personali, proprie di chi è entrato a far parte di questo team:

  1. capacità di osservazione
  2. predisposizione all’ascolto
  3. facilità di scovare l’ispirazione

Come affronta ogni progetto il team di 99 Million Colors?
Il punto in cui iniziamo a creare è sull’estuario delle correnti - il brainstorming - in una condivisione simile a quella di un concerto o di un laboratorio teatrale: il risultato dipende dal movimento dei singoli flussi, la sorgente primaria è la confessione del cliente che ci racconta la sua storia. Il percorso è soffice, umorale, e si organizza in una grammatica solo alla resa dei conti in fase di scrittura. L’empatia è il mezzo. La rappresentazione il fine. Rappresentazione intesa come riflesso del vero e dunque verosimiglianza, che dona un significato ulteriore e una nuova realtà. Ciò che creiamo è un’opera dallo stile riconoscibile, un ritratto autenticato. Dal web al video, il nostro prodotto deve intrattenere, andando a pizzicare le corde del ragionamento e della critica. Non vogliamo condurre a una semplice assuefazione o a una lettura fredda ma coinvolgere chi guarda e naviga, stimolando il piglio della ricerca e dell’opinione. La comunicazione è uno scambio. Ci aspettiamo una battuta al nostro input. Il nostro compito, oltre alla realizzazione di una piacevolezza estetica, fondamento imprescindibile, è assumerci la responsabilità di portare in superficie i sogni e l’impegno di chi lavora, i sacrifici, la dedizione. Umano, molto umano è il lavoro e promuoverlo è un piacere esclusivo. Chi acquista, per qualsiasi motivo, ha un grande potere: decidere chi vedrà premiato il proprio sforzo. Se le tentazioni sono dirette talvolta all’acquisto del superfluo, ricordate che dentro a ciò che acquistate, essendone tentati da un’aspettativa di qualità, c’è un formicaio di uomini che dà un enorme valore alla vostra scelta e che vive grazie a quello che voi portate a casa.

Proprio per questo motivo mi schiero spesso con chi ritiene la pubblicità inutile. Tutte le volte che essa non risulta rappresentativa e rispettosa né del lavoro di chi si promuove né dell’attenzione di chi accoglie il messaggio. Non tutti i prodotti pubblicitari sono frutto di contemplazione. La brutta pubblicità è cattiva pubblicità.

Questo settore della comunicazione gioca un ruolo importantissimo per il destino del mercato e della società. Coscienti di questo, noi di 99 Million Colors abbiamo scommesso su un modo di essere, quello che ci sentiamo dentro le vene come un dialetto, costruendo i nostri prodotti pubblicitari con una rilevanza creativa che sfori verso la sponda artistica e artigianale, dove il mestiere è mente e mani, dove il prodotto acquisisce un valore. Perché capire il valore del prodotto rende il lavoro assolutamente necessario.